La triste storia di Federico, ucciso dal papà mentre era affidato agli assistenti sociali

Federico, ucciso dal papà a San Donato Milanese

Era il 25 febbraio del 2009. Federico doveva incontrare il papà all’interno degli uffici degli assistenti sociali di San Donato Milanese nell’ambito di un incontro protretto. All’improvviso, il padre, un egiziano di 53 anni che aveva già manifestato problemi di scarso equilibrio, approfittando dell’assenza di chi doveva vegliare sul bambino,  ha estratto una pistola e ha ucciso il piccolo con un colpo alla nuca. Poi lo ha accoltellato e con la stessa lama si è tagliato le vene e si è ucciso.

Un bimbo conteso. Aveva appena 8 anni. Da una parte la mamma, Antonella Penati che aveva più volte chiesto aiuto. Dall’altra parte il padre, Mohamed Barakat, che voleva imporre alla moglie e al figlio la sua cultura. 
E’ la solita dialettica tra integrazione e tutela delle identità. La vicenda di San Donato Milanese ripropone all’attenzione collettiva il tema dei matrimoni misti e, più in generale, il tema dell’incontro tra civiltà.
Dopo il delitto del bimbo, la madre ha presentato denuncia contro chi doveva tutelare il bimbo. Gli assistenti sociali sono stati rinviati a giudizio per concorso colposo in omicidio.

Un caso che molti forse avevano dimenticato quello di Federico e della sua mamma Antonella, ma che bisognerebbe ricordare. Non si è trattato di un semplice caso di cronaca, ma dello scontro tra culture.
Secondo Antonella Penati l’integrazione non può e non deve tradursi nell’annullamento delle differenze. Differenze che sono – o dovrebbero essere! – una ricchezza, ma che possono diventare una pietra d’inciampo nella costruzione di una famiglia.

“La differenza è nelle persone, non nella religione o nel colore della pelle” ha detto Antonella Penati.

Quindi, un atteggiamento di apertura, tollerante, quello di questa donna che ora si trova sola a piangere il proprio figlio. Ma è lei stessa poi a precisare: “Sicuramente la Sharia islamica, la cultura musulmana è una cultura molto complicata nel rapporto tra uomo e donna”.

Da qui l’esigenza di chiarire tutto prima di un passo importante come il matrimonio, o come il concepimento di un figlio.

“Se i patti vengono messi prima per iscritto, sicuramente alleviano tanti dolori ai bambini. E’ l’unico consiglio che posso dare – continua la donna – . Non voglio dire: non sposatevi con un egiziano, piuttosto che con un tunisino o un marocchino. Dico solo: mettete le cose in chiaro prima. Mettete tutto nero su bianco, così tutelate il vostri figli nel caso il vostro matrimonio non vada bene.”

Si fa presto a dire che in una società multietnica i matrimoni misti vanno riconosciuti e quasi incentivati, se poi nella condivisione quotidiana delle situazioni emergono ostacoli insormontabili o tensioni insuperabili. Si scopre così l’impossibilità di difendere in modo preconcetto e a senso unico unioni ad altissimo rischio di dissoluzione.

E così Antonella Penati, madre amorevole con un solo figlio, ucciso dalla follia dell’ex compagno, aggiunge:

“I matrimoni misti o le convivenze miste non sono un problema, ma possono diventarlo. Questo è vero, ma sta nelle persone la differenza. Quello che mi sento di dire alle donne italiane che si uniscono con un matrimonio misto è che sin dai primi segnali di disagio o di tentativo di sottomissione devono allontanarsi da ciò che esce dalla normalità. Culturalmente ci sono delle differenze sulle quali dobbiamo ancora lavorare. Un conto è dire che ci sono delle differenze, un conto è dire che tutti i matrimoni misti sono un pericolo”

Quest’intervista che Antonella ha rilasciato dimostra – è la prova – che serve buon senso per evitare che i matrimoni misti siano delle situazioni di comodo o prigioni dorate che mascherano altre finalità.

Federico era figlio dell’amore, ma le differenze culturali – l’incapacità di alcuni esperti nell’identificare i disagi psicologici e culturali di Mohamed Barakat – hanno portato al fallimento di un progetto familiare e di integrazione. Federico è stato ucciso come un animale. Solo perché il padre non voleva consentire alla madre di educarlo secondo i principi che riteneva più opportuni.

“Se si decide di percorrere la strada di un matrimonio misto sia chiaro da subito – conclude Antonella Penati – che il bambino ha diritto di scegliere la propria religione, che in Italia la Sharia islamica non vale e che è discutibile il principio musulmano secondo cui fino a 5 anni è dovere della mamma educare il bimbo e poi ci pensa il padre: nessuno dovere, nessuna limitazione anagrafica: educare il proprio bambino è soprattutto un diritto di entrambi i genitori”

Un monito forte per chi si limita a dire che il tentativo di analizzare le differenze culturali è una sorta di razzismo. La consapevolezza di ciò che siamo, delle nostre radici, va di pari passo con la volontà di integrazione. La volontà di capire per rapportarsi meglio agli altri non deve spaventare. Il caso di Federico insegna, e la sua mamma ha voluto che nessuno dimenticasse creando un sito che racconta la storia di Federico , il primo bimbo in Italia ad essere stato ucciso in ambito protetto

Enrico Fedocci