SE MEDIASET ITALIA, IL CANALE TELEVISIVO PER GLI ITALIANI ALL ESTERO, NON É ANCORA DISPONIBILE NEL
TUO PAESE CONTATTA L´OPERATORE DI ZONA PER RICHIEDERLO, METTENDOCI IN COPIA.
GLI INFLUENCER CHE SCIMMIOTTANO I GIORNALISTI SONO I NUOVI GLADIATORI DEL COLOSSEO CHE FORNISCONO AGLI HATER LA VITTIMA SACRIFICALE DEL GIORNO, CERCANDO TRA I PERSONAGGI PIU’ DIVISIVI SUL WEB –
La drammatica vicenda di Giovanna Pedretti induce ad una serie di riflessioni sulle cause e gli effetti; sul ruolo dei media; sui social e i cosiddetti influencer che ormai, da chi naviga, sono considerati più autorevoli dei media tradizionali. Innanzitutto il primo pensiero va alla famiglia di Giovanna Pedretti, a sua figlia, al compagno di una vita, suo marito Nello.
Prima l’esaltazione sui giornali e tg che l’avevano quasi resa un’eroina per avere difeso gay e disabili davanti ad cliente che li aveva attaccati, poi i dubbi sollevati dai social, quindi le critiche, ma anche le insinuazioni per una recensione comparsa sul sito del suo locale che qualcuno aveva bollato come fake, forse frutto di un maldestro tentativo per fare pubblicità alla pizzeria di cui era proprietaria con il marito a Sant’Angelo Lodigiano.
Sono state otto coltellate, tutte al torace, una delle quali al cuore, a uccidere Vanessa Ballan, secondo i risultati dell’autopsia eseguita oggi. Il coltello con cui è stata colpita la 27enne di Treviso, incinta di 9 settimane, ha una lama di venti centimetri. In carcere, dopo la convalida del fermo, resta un uomo di nazionalità kosovara, Bujar Fandaj, 41 anni, con il quale la vittima aveva avuto una relazione di due anni conclusasi l’estate scorsa.
Chi lo ha incontrato per i corridoi del carcere racconta che cammina con lo sguardo basso, come se si vergognasse. Filippo Turetta, nel giorno del suo 22esimo compleanno, probabilmente starà facendo i conti con la sua nuova vita da carcerato. Quello che per 21 anni è stato un giorno di festa oggi è stato semplicemente il 29° giorno dietro le sbarre – il 23° nel carcere di Verona – uno dei tanti che forse dovrà passare in cella in attesa che il processo faccia chiarezza su ciò che è avvenuto lo scorso 11 novembre, quando ha ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin per poi fuggire in Germania dove è stato arrestato dalla polizia tedesca, sfinito e senza soldi, con ancora le mani sporche di sangue, all’interno della sua auto.Quella stessa auto ora a disposizione dei Ris di Parma per capire se Giulia sia stata proprio uccisa mentre era all’interno dell’abitacolo. Turetta non è ancora passato nel settore in cui sono gli altri detenuti, poichè, dopo essere stato nel reparto psichiatrico dove era guardato a vista per il timore che si suicidasse, i responsabili della casa circandariale veronese di Montorio e i medici hanno deciso di tenerlo qualche giono nelle stanze dell’infermeria dove condivide la camera con un uomo di 60 anni condannato per reati finanziari. In quel reparto il giovane può leggere, giocare ai videogame, proprio come gli altri detenuti. Ma pare che voglia di socializzare non ne abbia, a tal punto che – sempre secondo quanto trapela – eviterebbe contatti con gli altri, in attesa della seconda visita dei genitori
Nessun altro interrogatorio previsto per Filippo Turetta, il 21enne accusato di avere ucciso a coltellate, l’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il racconto fatto al pm durante l’incontro di 9 ore al momento non richiede approfondimenti da parte della procura che ritiene di aver sufficienti elementi per cominciare ad inquadrare il contesto in cui è maturato il delitto. Si attende che le autorità tedesche consegnino l’auto a bordo del quale Turetta è fuggito, fermandosi poi su un’autostrada tedesca dopo avere finito soldi e benzina. A bordo del mezzo trovato un cellulare, ma non è ancora chiaro se sia di Turetta o di… Continua a leggere →
Mercoledì scorso mi sono occupato di un insediamento abusivo di nomadi in zona
Andrea Cavalleri
Musocco, a Milano. La segnalazione di un cittadino arrivata in redazione indicava 4 punti di quella zona in cui c’erano roulotte con le consuete discariche a cielo aperto, i bagni improvvisati nelle aree verdi, bambini che non vanno a scuola, cresciuti nella sporcizia etc, etc, etc. Era da un po’ che non mi occupavo di nomadi. Ma chi fa questo lavoro sa che non è questione semplice: devi documentare il degrado, devi fare riprese, devi avvicinarti per fare le interviste e non sempre ti accolgono a braccia aperte. Anzi: ti urlano, ti lanciano cose… ora, per carità, non è di certo un fronte di guerra, ma per fare questo devi avere un operatore che ti stia dietro, che non abbia paura. Beninteso: la paura è un’emozione che non puoi controllare, non ci puoi fare nulla. Quindi, non c’è giudizio da parte mia quando chiedi ad un operatore: “Te la senti?!” Anche perché in questo contesto per portare a casa il servizio alla paura non si contrappone il “coraggio”, bensì “l’incoscienza”. Per fare tanti servizi – ne cito uno per tutti il 1º maggio del 2015 con la guerriglia dei noexpo – io ho sempre affrontato la necessità di documentare con l’incoscienza.
Ieri passavo per via Solferino, angolo via Ancona, qui a Milano, la città in cui vivo. Stavo attraversando. Il solito mendicante ha tentato di fermarmi. L’ho guardato appena, giusto il tempo di fargli cenno con la mano che stavo telefonando, avendo io la cuffietta nell’orecchio. Nessuna conversazione in corso, in realtà. Ho finto.
Gennaio 1989, 13enne salvata dai carabinieri. La madre la costringeva a prostituirsi. Nella foto per mano ad un investigatore dopo l’arresto dei familiari
di Enrico Fedocci Il mio originario approccio con la cronaca nera passa proprio attraverso la prima di queste foto. Sarò più preciso, riferendomi a ciò che questa foto ha colto. Era l’inizio del 1989, frequentavo la 2ª liceo classico. Stavo per uscire dalla porta del Comando Legione, dove mio padre aveva l’ufficio, per attraversare il cortile della “Moscova” – caserma in cui vivevo – e tornare a casa. C’erano varie persone, tra loro evidentemente un fotografo. Non sapevo cosa stesse succedendo. Non capivo il perché di tanto interesse. Fu in quel momento che vidi una bambina, scarpe “All Star” alte… Continua a leggere →
L’idea venne a Ronald Reagan, nel 1983, e si festeggia il venerdì precedente alla festa della mamma. Si tratta di una giornata dedicata ai coniugi dei militari. Nel secolo scorso avremmo parlato di festa delle mogli di chi indossa l’Uniforme. Ora che le stellette le portano sia uomini che donne, bisogna cambiare nome, ma il concetto è sempre lo stesso. Già, perché spesso e volentieri, dietro ad Uniformi sempre in ordine, dietro a sacche militari che si riempiono e si svuotano per poter consentire al militare – uomo o donna che sia – di viaggiare da una parte all’altra del… Continua a leggere →
diEnrico Fedocci La brutta storia dei gemellini Elena e Diego, uccisi dal padre il 27 giugno a Margno, Lecco, mi gira nella testa da quando ho visto passare le loro bare portate fuori dalla casa del delitto per essere caricate su un furgone e messe a disposizione del medico legale. Mentre passavano le due casse pensavo: “Loro sono lì dentro”. Un momento di smarrimento da cronista ormai stanco di tanto dolore.Continua a leggere→