Picchiato a sangue in mezzo alla strada, a Milano, una notte di giugno di 4 anni fa. Un pestaggio folle e crudele che lo ha ridotto in coma e, dopo due giorni, lo ha portato alla morte su un letto d’ospedale. L’omicidio di Maurizio Oldani, 47 anni, stimato commercialista ed esponente locale del movimento politico “la Margherita”, è ancora oggi un caso irrisolto.
Le indagini, dopo soli sei mesi, sono state archiviate. Nessun indizio, nessun indagato, nessun colpevole. Solo lo scenario di quel delitto è stato – ma solo parzialmente – ricostruito. La sera del 7 giugno, mentre a Milano si festeggiava la “notte bianca”, il commercialista era uscito in compagnia di un amico, e aveva girato per alcuni locali notturni, alcuni di questi riservati a clientela gay.
Alle due del mattino, mentre la città era inondata dalla pioggia, aveva deciso di tornare a casa da solo, a piedi. In via Porta Tenaglia, a pochi passi da corso Garibaldi, dove viveva insieme ai genitori, Oldani ha trovato la morte. Qualcuno lo ha preso a pugni, fino a farlo finire rovinosamente a terra. Una caduta letale. Nessuno ha visto niente, quella notte. Non ci sono testimoni. Solo una telecamera stradale di sorveglianza, inquadra, ma solo per un brevissimo istante, e da molto lontano, una sagoma piccolissima che imbocca la stessa strada percorsa da Oldani, pochi istanti prima. E’ il suo assassino. Qualcuno a cui però gli investigatori della sezione Omicidi della Squadra Mobile milanese non riescono a dare un’identità. “Trovare quell’uomo – diranno dalla Procura – è come trovare un fantasma”. E il caso viene archivato. Con buona pace degli investigatori.
Chi non si dà pace, invece, ancora dopo 4 anni, è il fratello di Maurizio, Massimo Oldani. “La Procura si è arresa troppo presto – dice – e sono state tralasciati indizi importanti, mai analizzati”. Vicino al corpo del commercialista, infatti, in via Porta Tenaglia, era stato trovato uno zainetto, con dentro un asciugamano e un paio di ciabatte. Appartenevano al killer, che nella fuga li ha lasciati cadere? Nessuno lo ha mai accertato. “Se facessero analizzare quegli oggetti – conclude Massimo – dal Dna si potrebbero avere risposte utili. E il caso di mio fratello potrebbe essere riaperto”.