
Il generale Mario Mori e il giornalista Giovanni Maria Jacobazzi prima di un dibattito al Palazzo della Regione Lombardia.
di Giovanni Maria Jacobazzi *
Il 15 gennaio del 1993 veniva catturato a Palermo il capo di Cosa nostra Salvatore Riina. L’arresto venne eseguito dal Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri, di cui Mario Mori, allora colonnello, era il vice comandante.
Da quel giorno è iniziato per Mori un carosello giudiziario che, a memoria, non ha molti precedenti. Da eroe nella lotta alla mafia a servitore infedele dello Stato, sospettato di avere tessuto la trama della trattativa con i sanguinari boss corleonesi, per mezzo di don Vito Ciancimino. Continua a leggere




Cosa sta accadendo ai vertici di viale Romania? Tutto è cominciato qualche giorno fa: un breve incontro tra i due generali, poi la comunicazione. Ed è così che di ritorno dalla Capitale l’ufficiale si sente male ed entra in malattia: dieci giorni, rientro in servizio, quindi una nuova convalescenza. Giuliani, 63 anni appena compiuti, bolognese, è una persona seria, leale, stimata a tutti i livelli: per anni comandante dei carabinieri della Presidenza della Repubblica, poi alla Legione Piemonte, quindi direttore della Scuola Forze di Polizia. Era necessario questo trasferimento, dopo appena un anno di comando? In molti ci vedono qualcosa di strano. In effetti, i suoi cinque predecessori in quell’incarico hanno fatto le valigie per Roma solo per salire al vertice dell’Arma: Luciano Gottardo e Gianfrancesco Siazzu sono entrambi diventati comandanti dell’Arma; Giorgio Piccirillo, Carlo Gualdi e Antonio Girone hanno lasciato Milano per diventare vicecomandanti della Benemerita.