Condannata per il piccolo Tommy in “permesso premio”? È giusto (e umano!) indignarsi per la decisione del giudice di sorveglianza.

 

Il piccolo Tommaso Onofri

 

di Enrico Fedocci

La vicenda del “permesso premio” ad Antonella Conserva, condannata a 24 anni di carcere per il sequestro del piccolo Tommy, ucciso da Mario Alessi a colpi di badile 10 minuti dopo il rapimento, fa riflettere.

Dopo la notizia in esclusiva che abbiamo dato mercoledì nei tg Mediaset e su TGCom24, tutti i giornali si sono interessati alla vicenda. Ieri Paola Pellinghelli era a Bibbiano con Matteo Salvini a chiedere che la legge sui “permessi premio” cambi.

La Gazzetta di Parma ha dedicato l’apertura del giornale di oggi approfondendo la notizia che NewsMediaset ha dato mercoledì e scoprendo cose importantissime ed inquietanti: noi avevamo parlato di un “permesso premio”. Macchè… Georgia Azzali, firma della Gazzetta di Parma, ha scoperto che i permessi sono stati ben tre in un mese. Giornate in cui la Conserva ha potuto vedere i familiari, gli amici, il figlio di 20 anni, andando in giro tranquillamente per Milano.

La prima pagina della Gazzetta di Parma

Sono sempre stato un convinto assertore che chi sbaglia debba pagare, ma riabilitarsi. Per prepararsi alla libertà. Riabilitazione che, mentre si sconta per intero la condanna, passa anche attraverso i “permessi premio”, il lavoro esterno al carcere, la semilibertà. Quindi, perché stupirsi del fatto che l’amante del killer di Tommy sia uscita dalle mura del carcere di Bollate dopo aver scontato più della metà della pena, alla vigilia del 14º anno di detenzione?

Perché il diritto a volte si scontra con l’opinione pubblica, col modo di vedere le cose di chi una morale ce l’ha. Ho detto che sono un convinto assertore della riabilitazione del condannato, sulla scia di Cesare Beccaria. Ma se rileggo i verbali in cui viene ricostruito l’omicidio di un bimbo di 18 mesi, strappato dalle braccia della mamma che ancora lo allattava, beh… in deroga al mio rispetto per chiunque, rispetto che rivolgo anche a chi sbaglia, vorrei dire che chi ha partecipato a un piano del genere come quello del rapimento del bimbo, sia esso il carnefice, sia esso un complice a vario titolo, non ha alcun diritto. Non deve averlo. Tommy piangeva per la paura, infilato in uno zaino, a bordo di un motorino e Alessi, dopo aver visto un lampeggiante in lontananza, temendo di essere stato già scoperto, lo colpiva in un boschetto con un badile, a calci, strangolandolo perché le urla del piccolo cessassero e lui non fosse arrestato. 

Di certo, se la legge consente a soggetti come questi – la Conserva, Alessi, il terzo complice Raimondi, di uscire dal carcere, anche solo per qualche ora senza agenti penitenziari a scortarli e con le manette ai polsi – andando come nulla fosse al centro commerciale come ha fatto Antonella Conserva martedì scorso – la legge non impedisce a noi giornalisti di riferirlo, di chiedere alla mamma della vittima, vittima collaterale anch’essa, cosa ne pensi. Conosco Paola Pellinghelli da tanti anni, ha imparato a fidarsi di me e mi lusinga che tra i tanti giornalisti che hanno seguito quel caso, lei abbia sviluppato un rapporto così bello con me. La sua fiducia mi onora. E non credo di fare un torto alla professione se – pur riferendo i fatti in maniera sempre distaccata – sotto sotto, nel mio intimo, faccio il tifo per lei nella sua battaglia per cambiare la legge che regola le misure alternative al carcere e il reinserimento di chi ha sbagliato.
Un po’ di pancia ci vuole, suvvia, siamo umani.