21 aprile del 2005: a Milano un bimbo di sei anni e mezzo viene rapito da un centro per i minori maltrattati. In tanti probabilmente lo ricorderanno come il piccolo Stefan, un rom che la polizia aveva trovato ad un semaforo con i capelli lunghi acconciati come una femmina e le unghie laccate. Il sospetto era che i genitori lo facessero prostituire.
Dopo il rapimento si scoprì che erano stati il padre e la madre a portarlo via dalle cure degli psicologi. Una fuga durata una settimana, poi il blitz della polizia e la liberazione. Stefan era nella casa di Iulian Curulea, un romeno che ai tempi faceva da portavoce per la comunità rom che viveva al campo di Triboniano.
Seguii quel caso per il mio telegiornale e fu una settimana densa di colpi di scena.
I genitori si fecero addirittura riprendere da una telecamera e, tramite un amico, cercarono di vendermi il filmato per 15 mila euro. Quando si dice: non ci fermiamo davanti a nulla…
Dopo la liberazione, il ritorno in una comunità dove Stefan fu aiutato.
Il processo, le terapie psicologiche hanno fatto in modo che il piccolo fosse ospitato presso una famiglia che si è presa cura di lui. Il resto lo hanno fatto i terapeuti e quel che fino ad allora era un sospetto, seppur supportato da fortissimi indizi, è stato confermato: ci sono voluti 4 anni perché Stefan superasse la paura e raccontasse la sua terribile esperienza, fatta di abusi in cambio di denaro assieme ad altri piccoli rom. E a portarlo agli appuntamenti con i “grandi” in una baracca, umida e maleodorante, era proprio suo padre.
Stefan ha raccontato in questi anni la delusione e il dolore che l’indifferenza della madre, davanti all’evidenza di quelle violenze, provocava in lui. Lui cercava protezione, mentre la mamma gli pitturava le unghie per farlo sembrare una bambina. Lui tornava terrorizzato da quegli incontri e i genitori davanti a lui contavano il denaro che il piccolo, con le sue “prestazioni”, era riuscito a guadagnare.
Ci può essere un lieto fine? No. Davanti a tanta violenza, davanti a tanta crudeltà, non si può parlare di lieto fine. Certo è che ora il bambino – che ormai ha 12 anni – è stato preso in adozione, va a giocare a pallone, a sciare e, soprattutto, ha scritto una lettera ai genitori rom dicendo: “Non vi perdono quello che mi avete fatto, per questo mi faccio adottare”.
Le paure che sono rimaste dentro di lui in tutti questi anni non sono scomparse, ma i suoi nuovi genitori lo stanno aiutando a tornare ad essere un ragazzino felice e spensierato come i suoi coetanei. Sperando che in qualche modo, Stefan possa dimenticare il passato.
I suoi genitori naturali ora sono stati condannati a 18 anni di carcere dal tribunale di Milano.
E anche questa è una buona notizia
Enrico Fedocci