I SOLDI DEL “NO VAX” AGLI ORFANI DEI CARABINIERI MORTI PER COVID


(di Enrico Fedocci)

Chi sbaglia è giusto che paghi. Alla vigilia della sentenza a carico di chi mi prese di mira durante i cortei no vax e finito alla sbarra grazie alle indagini dei carabinieri del Nucleo Informativo di Milano guidati dal Ten Col Emanuele Leuzzi e coordinati dal pool antiterrorismo della Procura di Milano del dottor Alberto Nobili, oggi uno di loro per ottenere la messa alla prova mi ha dovuto risarcire il danno. Denaro che ho voluto fosse devoluto agli orfani dell’Arma dei Carabinieri, anche quei ragazzi figli di militari morti a causa del Covid. Spero che questo denaro – non una cifra altissima a dire la verità, ma di più non aveva – serva a quei bambini, ma contribuisca anche a far riflettere quel signore sulla gravità delle sue azioni. Vedremo le sentenze per gli altri che restano a processo.

ADDIO, CARLOTTA, CRONISTA DAGLI OCCHI INTELLIGENTI E CON IL CUORE BUONO

(di Enrico Fedocci)
Io e Carlotta Dessì non eravamo amici di vecchia data. Ci eravamo incrociati in tante trasferte, tanti casi di cronaca. Ma, nonostante il poco tempo passato insieme lontani dal lavoro, io la stimavo profondamente. Qualche volta in redazione ci si incrociava in ascensore e sempre si chiacchierava qualche minuto quando andavo all’8º piano. Tornando dalla segreteria, se ci si vedeva, passavamo un po’ di tempo a chiacchierare davanti all’ascensore. E fu proprio una di quelle volte che salutai Mario Giordano mentre usciva dall’ascensore… “Ciao, Fedoccino…” disse trafelato e sempre di corsa, camminando e guardando all’indietro con un sorriso per non essere scortese verso di me. E io, quasi urlando in corridoio, visto che ancora non conosceva Carlotta: “Direttore, prendi a lavorare Carlotta per te, te ne innamorerai come ti sei innamorato DI MEEEEEEE”, dissi scherzando con la voce che aumentava progressivamente man mano che lui si allontanava e poi, serissimo, voltandomi istantaneamente verso di lei: “Carlotta, tu devi lavorare per lui. Con l’entusiasmo che hai ti valorizzerà di sicuro. Lui è fatto così.”. E così fece Carlotta. Occhi buoni e intelligenti, già bravissima al Tg5, poi a Pomeriggio 5… poco alla volta arrivò a lavorare anche per Mario Giordano e – come era prevedibile – lui se ne innamorò professionalmente. Ci avrei scommesso.


Giordi la stimava così tanto che in questi difficilissimi mesi di malattia non l’ha dimenticata neanche una volta a fine puntata. “Vincerai, vinceremo” diceva sempre Giordano. E quanto era orgogliosa Carlotta di questa cosa, quanta forza le dava – lei così ligia al dovere – sentirsi reclamata in diretta nazionale dal suo Direttore, dal Direttore che le aveva voluto più bene.
Dicevo che io e Carlotta non ci conoscevamo così tanto, ma ci eravamo istintivamente simpatici. Di più: io la stimavo perché non mollava mai. Mai, mai, mai. E su questo contavo anche questa volta, nel suo servizio più difficile. Ma se non ce l’ha fatta lei a vincere quella malattia, significa davvero che era una battaglia impossibile
Carlotta era dignitosa sul lavoro, non lasciava mai nulla di intentato. La ricordo a Gorlago, in occasione di un omicidio che sconvolse l’Italia, quello della mamma 42enne uccisa da una rivale in amore.. Nessuno della famiglia aveva ancora parlato, ma si capiva che stavano per farlo, la sua troupe dovette lasciarla sola e lei si armò di smartphone rimanendo davanti a casa, nel caso qualcuno decidesse di rispondere alle domande dei cronisti davanti alle telecamere delle altre emittenti. Pur senza troupe, lei era lì.
Non si è allontanata un secondo. Una vera cronista. Quella stessa mattina, quando io arrivai, la vidi da lontano. Scesi dall’auto, lei mi mise a fuoco con lo sguardo, e quando realizzò che ero io, d’istinto sorrise tra sé e sé e contemporaneamente cominciò a camminare verso di me con passo spedito. È strano, ma da quel sorriso pulito, divertito e genuino insieme, durato una frazione di secondo, io capii in maniera definitiva che era una ragazza pulita, una cucciolona.

Già, una cucciolona che di sicuro meritava di più dalla vita, dico ora tra me e me. Nella memoria ho ancora l’ultimo incontro al Niguarda, circa tre mesi fa. Il rammarico più grande non essere riuscito a trovarla, pur avendola cercata a lungo, il giorno degli auguri di PierSilvio ai dipendenti, nel piazzale degli studi di Cologno. Quando rispose al telefono era già in camerino per riposarsi in attesa di andare in diretta, l’ultima volta purtroppo, con il suo Direttore. Ora sono a Roma, in caserma, nella mia cameretta: luce spenta e steso sul letto a digitare sul telefonino le mie parole di commiato da lei. Alcune lacrime scendono mute sul lenzuolo solcando i lati del mio viso.

Non tante, ma lente e pesanti che bagnano il cuscino. Il mio pensiero va a quei bellissimi genitori che ho conosciuto nella stanza di ospedale. La sua mamma bella come lei, il suo papà di cui era così orgogliosa. Il mio abbraccio da lontano va a quel fidanzato, Fabrizio, ormai definitivamente vedovo di lei, del suo sorriso, della sua gioia e simpatia contagiose. Nella testa, che rimbomba, una frase che non dimenticherò. Me la disse una delle ultime volte al telefono: “Enri, io voglio vivere”.
Che strazio questa giornata.
Ciao, Topolina, ti voglio tanto bene. La vita ci ha truffato: prima ti ha regalato a chi ti amava e stimava e poi ci ha privato di te senza un motivo, in così poco tempo.

POST SCRIPTUM
aggiungo questo ultimo paragrafo a ciò che avevo scritto subito dopo aver avuto la notizia della morte di Carlotta, ora che il funerale è stato celebrato. A parte le tantissime persone presenti in chiesa, la cosa che mi ha colpito maggiormente è stato vedere insieme tanti amici che provengono da settori diversi della nostra bella famiglia di Mediaset. C’erano i colleghi giornalisti, c’erano i produttori, gli impiegati, le segretarie, i dirigenti, tantissimi cameraman, alcuni, addirittura, arrivati da città lontane. È questo ciò che mi ha colpito maggiormente ieri mattina in chiesa: il suo essere amata – e stimata – un po’ da tutti. E ora che tutto è finito, il mio pensiero va al vuoto con cui da oggi in poi si dovrà confrontare chi l’amava maggiormente: i genitori e il fidanzato.

I carabinieri arrestano il boss della mafia del Gargano. Era evaso con le lenzuola annodate

Era stato protagonista di una clamorosa evasione messa in atto quasi un anno fa nel più tradizionale dei modi: calandosi dal muro di cinta del carcere di massima sicurezza di nuoro con le lenzuola annodate. E’ stato arrestato dopo 11 mesi di latitanza il boss Marco Raduano, considerato il capo della mafia garganica. Il 40enne, già condannato per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, è stato individuato dai carabinieri del Ros con il supporto della Gendarmerie Francais,  a Bastià, in Corsica . Aveva suscitato  la facilità con cui era riuscito ad eludere le misure di sicurezza del carcere di Badu e Carros, considerato uno dei penitenziari più sicuri in Italia. Eccolo mentre fugge dopo essersi lasciato cadere sul prato.
Contemporaneamente, la stessa attività di indagine ha consentito ai carabinieri del ros – gli stessi che  hanno catturato Matteo Messina Denaro –  di arrestare, con il supporto della Guardia Civile spagnola, anche il braccio destro di Raduano, Gianluigi Troiano. Quest’ultimo, 30 anni, era latitante dal 2021 e si nascondeva a Granada, città dell’andalusia, in spagna. Anche lui era evaso, ma dagli arresti domiciliari, tagliando il braccialetto elettronico e facendo perdere le proprie tracce. Soddisfazione per i due arresti è stata espressa dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi: “un duro colpo alle mafie”, ha detto il titolare del Viminale