Si è messo a studiare filosofia, in attesa del processo. Nel carcere in cui è detenuto, Vittorio Ciccolini, l’avvocato veronese che nella notte tra il 9 e il 10 agosto scorso ha ucciso Lucia Bellucci, ha deciso di riempire così il tanto tempo libero che la cella impone e regala.
Una notizia che sconvolge la famiglia di Lucia che – a un anno di distanza – stenta a ripartire. Una notizia che ha lasciato basiti la mamma Maria Pia, il papà Giuseppe, la sorella Elisa e il fratello gemello di Lucia, Carlo.
Chi li conosce sa che non sono persone vendicative. Non cercano giustizia a tutti i costi. Hanno evitato la ribalta televisiva e lo faranno ancora a lungo se il processo previsto per ottobre sarà equo, se prenderà in considerazione tutti gli elementi, partendo dalla piena confessione dell’uomo, passando per i tanti messaggi di minaccia inviati a Lucia, senza trascurare la personalità di questa ragazza buona e dal cuore grande. Così buona che, pur avendo deciso di prendere una nuova strada, ha voluto dare ascolto ugualmente a quell’uomo che la minacciava di morte.
Perché l’ha fatto, verrebbe da chiedersi. Perché ha deciso di continuare ad incontrarlo nonostante le frasi violente, le foto che lo mostravano con una pistola alla tempia? Nonostante tutto lei ha deciso di ascoltarlo ancora. Chi conosceva Lucia sa il motivo per cui quella meravigliosa ragazza non è stata prudente. Il motivo è semplice: Lucia non voleva dargli il peso della sconfitta. E così è andata all’appuntamento.
Ad un anno di distanza, la famiglia di Lucia sta affrontando con dignità questo grande dolore. Una messa l’ha ricordata. Il papà – con voce bassa – ha domandato a se stesso e agli altri che lo ascoltavano in chiesa, come può un uomo che ha ucciso avere la serenità e la concentrazione di dedicarsi agli studi di filosofia? Sarà capitato a tutti: uno stress, errori fatti, la testa che vaga e che non ti consente di dedicarti a un libro, allo studio. Il libro e la lettura sono divagazione, ma quando un pensiero più grande ti schiaccia, non c’è verso di distrarsi. Dov’è finito quel pensiero, ammesso che ci sia mai stato?
Quel che colpisce di più di lui, di un reo-confesso di omicidio, è la volontà – e la forza – di andare avanti, nonostante ciò che è stato fatto di sbagliato e di atroce. Soprattutto dopo un solo anno. Forse è giusto così, forse Cesare Beccaria approverebbe, ritenendo sufficiente il carcere e una pena per mondare il male fatto. Ma a una famiglia non si può chiedere di capire e di accettare. Ne’ a una famiglia, tantomeno ad un amico come me, che – nonostante il mio lavoro di giornalista che ha raccontato in tv il dramma di quelle ore – non riesce ad accettare che la vita vada avanti così. Chi è stato ucciso è stato ucciso e chi ha ucciso guarda avanti, perché la vita per lui continua. No, proprio no, io non l’accetto e mi metto – idealmente – accanto a quella madre, a quel padre, a quei fratelli, alla famiglia della mia amica Lucia che non dimenticherò.