IL MENDICANTE, I CINQUE EURO, LA BIRRA E LA MIA INDIFFERENZA

di Enrico Fedocci

Ieri passavo per via Solferino, angolo via Ancona, qui a Milano, la città in cui vivo. Stavo attraversando. Il solito mendicante ha tentato di fermarmi. L’ho guardato appena, giusto il tempo di fargli cenno con la mano che stavo telefonando, avendo io la cuffietta nell’orecchio. Nessuna conversazione in corso, in realtà. Ho finto.

Non faccio, solitamente, la carità per strada. Nel senso che ad ogni angolo qualcuno te la chiede, spessissimo questuanti di professione. Ma nel mio distratto dribblare questo signore, forse poco più giovane di me, ho fatto a tempo a notare che aveva la mascherina abbassata e che era vestito in maniera il più possibile dignitosa. Ma la cosa che mi è rimasta maggiormente impressa in quella frazione di secondo in cui l’ho inizialmente guardato è stata l’espressione del suo viso mentre mi si faceva avanti con il dito alzato per attirare la mia attenzione: l’espressione di chi è imbarazzato, di chi teme di disturbare. Di chi si vergogna. Non era molto bravo nel chiedere l’elemosina, a tal punto che – mi sono fermato ad osservarlo poco distante – nessuno gli dava niente e tutti procedevano oltre, esattamente come avevo fatto io. “Sbaglia tecnica” ho pensato. Già, l’ho osservato abbastanza a lungo per avere l’impressione di quanto fosse impacciato e maldestro nel cercare di “spillare” quattrini ai passanti. Non lo dico con l’esperienza del questuante, per mia fortuna, ma con quella del suo antagonista naturale, ovvero chi cerca di evitare di mettere la mano in tasca per regalare qualcosa ad uno sconosciuto che ti chiede una mano.
 
Sono molto selettivo in questo. Soprattutto verso quelli che vivono di elemosina senza minimamente pensare ad un’alternativa o esserci costretti.
Sempre da lontano ho aperto il portafoglio, ho trovato 10 euro – mi sono detto “sono troppi” – e ho deciso di dargliene 5. Sono entrato in un panificio lì all’angolo che, però, non mi ha spicciato la banconota. Sono uscito e ho notato che era sempre all’incrocio, ma più vicino a me. Mi sono quindi ricordato che avrei dovuto comprare il detersivo per i piatti. Era l’occasione per farmi cambiare i soldi. Allora sono entrato in un supermercato lì accanto, in via Ancona. Il negozio è molto piccolo, stretto nell’unico corridoio che dall’ingresso accompagna l’acquirente all’uscita. Una volta dentro, cercando i detersivi, mi sono sentito superare da una persona zoppicante. Era lui. Aveva in mano una bottiglia di birra. Dopo aver trovato il sapone l’ho rivisto in fila alla cassa e l’ho osservato nuovamente: questa volta era intento a prendere le monete dal suo portafoglio vecchio e visibilmente vuoto. E lo faceva come lo farebbe un bambino che va in giro per gioco con il portafoglio smesso di qualche familiare, con un solo “soldino” regalato dalla mamma o dal papà. Ha preso il denaro dalla tasca in cui si tengono le monete: contatissime, non c’è stato bisogno di resto. Dentro si intravedeva una tesserina di cartone infilata dove generalmente si tengono le carte bancomat, che ovviamente non c’erano.
 
L’ho osservato con grande attenzione perché mi ha comunicato grande pulizia d’animo, grande vulnerabilità. In mano aveva solo la bottiglia di birra: quella sarda, la Ichnusa. Mentre attendeva mi sono interrogato se fosse opportuno dargli quei 5 euro che sicuramente sarebbero finiti in alcol. E ho cercato di immaginarmelo giovane, magari pieno di speranze. Intanto continuavo a guardarlo. E non ho potuto non notare la sua espressione gentile anche nei confronti della cassiera mentre pagava, quasi si sentisse di troppo anche in quella situazione. Forse temeva che la cassiera guardasse con fastidio la sua sobria trasandatezza lì dentro, in quel supermercato frequentato dalle famiglie borghesi della zona di Brera. Quando sono uscito non era tornato dove l’avevo visto inizialmente, ma aveva preso via Ancona in direzione di corso Garibaldi ed era già avanti un centinaio di metri. Con i miei 5 euro in mano stavo per rinunciare, ma poi ho notato che, mentre camminava beveva, quindi si attardava un pochetto, rendendomi più agile il raggiungerlo senza mettermi a correre come un matto. Inoltre – poverino – zoppicava pure. Ho quindi deciso di raggiungerlo.
 
Passo spedito, sono arrivato a lui che stava attraversando corso Garibaldi per prendere perpendicolarmente una via poco frequentata che porta al Piccolo Teatro Studio. Una coppia di signori che arrivavano da un’altra direzione si sono frapposti proprio mentre l’avevo quasi raggiunto. Non volevo chiamarlo da lontano. Solo dopo che la coppia si è allontanata, per non metterlo in imbarazzo davanti a terzi, ho deciso di chiamarlo: “Signore, mi scusi… prima ero al telefono – ho detto quando si è voltato, vergognandomi un poco della mia indifferenza di qualche minuto prima – non volevo essere scortese con lei”.
Mentre finivo la frase la mia mano entrava in contatto con la sua e gli consegnava quei 5 euro. Sembrava stupito di essere fermato per strada. Ancora una volta un sorriso imbarazzato. L’espressione di chi non è abituato – o forse non si rassegna – alla carità. Solo 5 euro gli ho dato. Mi piace pensare che non siano stati usati per la birra. Guardandolo, in lui ho visto me stesso. La vita ha mille strade. Se la sorte ti porta ad imboccare quella sbagliata – magari anche solo per colpa dell’alcol – nulla di più facile finire come lui. Buona fortuna, ignoto e sfortunato mendicante: mi hai fatto riflettere sul fatto che nella vita è un attimo passare dal caldo di una casa felice al dramma di essere scansato. Come se non si esistesse nemmeno.

12 risposte a “IL MENDICANTE, I CINQUE EURO, LA BIRRA E LA MIA INDIFFERENZA

  1. Grazie Enrico, per la Tua cronaca lucida e puntuale. Mi permetto di darti del Tu perche mi hai fatto sentire parte di quella famiglia che tutti dovremmo avere, quella della solidarità fraterna….un abbraccio. Simone Volpe

  2. A volte non è l’alcol ma passaggi di vita quasi obbligati a farci dimenticare come è il calore di una casa. Chi invece è più fortunato dovrebbe conservare ciò che distingue un essere umano.

  3. capita anche a me di soffermarmi in delle situazioni uguali, di rimanere colpito da espressioni o gesti di coloro che chiedono soldi ai passanti. Cerco di poter dare qualcosa a coloro che penso che lo facciano per bisogno e non per professione. Ricordo anni fa un signore in ginocchio in una via pedonale, avrà avuto l’età di mio padre con un cartello appeso al collo con la scritta “aiuto” , espressione dignitosa ma anche malinconica, ….mentre passeggiavo in compagnia, ricordo di essere rimasto colpito da questa persona. Ancora oggi mi capita di pensarci, mi ritengo fortunato, per ora. Cerchiamo di aiutare il prossimo nei modi che riteniamo più giusto e condividere il rispetto per gli animali e per il nostro pianeta.

  4. Ho letto con stupore …quasi meravigliandomi che tutte le sensazioni, le incertezze ..vissute da te in quella situazione fossero pari pari le mie in un fatto simile della vigilia di Pasqua .Ti dirò…anch’io ero distratta ,ma nel passare mi era rimasto nella testa quel buongiorno incerto e negli occhi un immagine di qualcuno con una espressione quasi imbarazzata.Non mi usciva dalla mente la malinconia che mi aveva suscitato e improvvisamente non sopportavo l’idea di averlo lasciato andare e perso.Ho deciso di concedermi la possibilità di ritrovarlo e ho cominciato a percorrere le strade intorno finché ..e mi è sembrati un buon segno,l’ho visto e..sono stata appagata io di avergli potuto dare un sorriso , un momento di attenzione e che lui abbia potuto cogliere la mia partecipazione. insomma uno spazio nella mente …o..nel cuore di qualcuno

  5. Un mio amico frate non vuole che si dia l’elemosina per strada, forse perché è un modo subdolo per sentirci buoni e generosi. Io se capita la faccio, ma sempre con tristezza e nessun senso di sollievo. Sarebbero ben altre le azioni da fare …. Baci a tutti.

  6. Davanti ad un mendicante, si tende sempre ad essere combattuti tra cosa sia giusto o non giusto fare e nel frattempo, tante volte non si fa nulla. Io penso invece che, e mi metto io per primo, se ci soffermassimo meno a questo quesito, ma agissimo più pensando che in quel mendicante, un domani potrebbe esserci un nostro caro, se non proprio noi, forse la vita sarebbe un po’ più serena per tutti.

  7. Secondo me i soldi spesi in birra sono soldi spesi bene, è un alimento. Certo Ichnusa non è il massimo, ma in certe condizioni uno si deve adattare.

  8. Buongiorno Enrico…mi sono “bevuto” il tuo insolito racconto che denota la tua profondità d’animo: credo costituisca uno ottimo e serio punto di riflessione.
    Sarebbe bello per me iniziare la giornata con molte più letture simili.
    Grazie.

    Massimo

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