Cronaca criminale

La brigatista rossa inneggia alla lotta armata su Facebook, pugni chiusi e centinaia di condivisioni. Interviene la Digos, ora chiamate anche uno psicanalista

 

Post Facebook di Barbara Balzerani cancellato dopo l’intervento della Digos

di Enrico Fedocci
Il 28 marzo scorso sulla sua pagina Facebook la brigatista rossa Barbara avevo condiviso un post in cui pubblicava la foto della tomba di Riccardo Dura e scriveva “fiori freschi e memoria viva”. Riccardo Dura è un brigatista morto, ucciso assieme a tre complici, durante un’incursione dei carabinieri nel covo via Fracchia a Genova il 28 marzo 1980. Sotto al post decine di pugni chiusi di nostalgici delle Brigate Rosse. È intervenuta la Digos e il profilo è stato oscurato da Facebook.  Avevo condiviso quel post sui miei social con il mio commento relativamente ai concetti espressi dall’irriducibile terrorista. Essendo stato chiuso il profilo della Balzerani, ho pensato di sintetizzare il fatto in queste righe e di condividere con voi ciò che aveva scritto la criminale a proposito. In calce al post di oggi ho pensato di pubblicare anche una lettera che il 19 giugno del 2019 avevo scritto alla Balzerani via Messenger dopo che – durante la presentazione di un suo libro al Cinema Palazzo a Roma – aveva continuato ad esaltare la lotta armata assieme a Nunzio D’Erme. Uno spettacolo indegno

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Barbara Balzerani durante il processo per il sequestro Moro Quater

Post tratto dal mio profilo personale di oggi 30 marzo 2020
Incredibile che passati anni, non solo non ci si ravveda, ma non ci si vergogni nemmeno. Le Brigate Rosse sono state un gruppo terroristico criminale che la Storia ha liquidato come un fallimento e sepolto per sempre. Ho parlato con i brigatisti, li ho intervistati, ho letto i loro libri, ho cercato di capire le loro ragioni e non sono riusciti a convincermi neanche lontanamente, anche se alcuni di loro mi hanno fatto capire il perché siano caduti in questo grande “equivoco” di follia. A corredo di questo post vergognoso scritto da Barbara Balzerani vi allego una lettera che le scrissi via Messenger, tempo addietro dopo un’altra “sparata” nostalgica.
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19 giugno 2019
Signora Balzerani,
ho conosciuto e apprezzato, per certi versi, Mario Moretti. Ma di lei non riesco ad apprezzare molto. Anni fa ho anche letto il suo libro: nonostante lei fosse la più “erudita” tra tutti i brigatisti, ho conservato poco. Di una noia mortale che lei non ha idea. Troppo autoreferenziale, troppo “lei ovunque”. Ho valutato positivamente l’autocritico libro di Anna Laura Braghetti, l’analitico volume di Mario Moretti scritto con Rossana Rossanda, l’introspettivo testo di Adriana Faranda. Ma lei – temo – è una caricatura di se stessa e ha espresso questo atteggiamento irrisolto anche tra le righe del suo primo lavoro editoriale. Non voglio essere offensivo, ma ciò che dice – mi riferisco alla manifestazione davanti al cinema a Roma – non rende nemmeno giustizia alla lotta armata che avete combattuto, all’eventuale “sacrificio” di un giovane davanti ad un ipotetico ideale. In contrapposizione a quell’ideale lei mette solo l’ideologia vuota di chi non capisce neanche che cosa ha vissuto e l’evoluzione dei tempi. Lei è davvero una cattiva maestra. Impari dai suoi compagni di lotta che, almeno, hanno messo a fuoco che cosa voleva dire uccidere per un credo sbagliato e hanno tentato di pagarne le conseguenze. Moretti non si è formalmente pentito, perdendo così i conseguenti vantaggi di legge.

Mario Moretti ed Enrico Fedocci in aula

Moretti non rinnega ed è ostinatamente coerente, certo, ma almeno non rivendica. Quello delle Bierre è un credo sbagliato; per come voglio a tutti i costi vederla io, per alcuni di voi – certo, tutti accecati dalla lotta di classe – forse un credo in buona fede, nonostante la follia di ciò che è stato commesso in nome di quell’obiettivo. Sentendovi – indegnamente – dei “partigiani anni 70”. L’onore delle armi a Moretti, alla Faranda e a Morucci idealmente lo concedo dopo l’analisi e l’autocritica che hanno fatto. A lei, no. Lei è ancora irrisolta. Io temo che se qualcuno avesse la pazza idea di entrare nuovamente in clandestinità non gli sarebbe così difficile convincerla a seguirlo.
Più che di un giudice, lei necessita di uno psicanalista. E anche uno di quelli bravi.

Mario Moretti ascolta la telefonata da lui fatta ad Eleonora Moro

Riascolti ciò che ha detto, riguardi le immagini, analizzi la faccia compiaciuta che faceva mentre quell’altro decorticato di Nunzio D’Erme accanto a lei quel giorno affermava quelle stupidaggini sul “più grosso che ha partecipato all’operazione Moro che non aveva nemmeno 32 anni” come se foste dei reduci o delle vittime di una guerra giusta. E rifletta. Lei è ancora ostaggio. Non le auguro una buona giornata, mi perdoni, perché non la merita. Le auguro una giornata di riflessione attenta su ciò che ha detto e scritto. 
Enrico Fedocci

Ps: si guardi l’intervista che i miei studenti fecero a Moretti. Un approccio ben diverso quello del suo ex compagno di lotta armata.

Di seguito i video dei due incontri, suddivisi in 8 file. 
(L’audio non è perfetto, ma vale la pena aprire bene le orecchie). 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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