Cronaca criminale

Gogna social per Mattia Sangermano, “Io che l’ho intervistato dico: basta linciaggio su Tia”

fedox

di Enrico Fedocci

Esattamente venerdì scorso, durante la diretta di Tgcom24 per le devastazione del primo maggio a Milano, ho intervistato un ragazzo.
Cappuccio del K-way in testa, faccia di sfida al giornalista, stava passando in piazza Buonarroti. L’ho scelto tra tanti per questo: mi ha guardato con aria sprezzante. Era in mezzo a un gruppo. Sembrava lui, ad una prima superficiale impressione, il capo – meglio dire il leader – di quei tre o quattro ragazzi vestiti di scuro e dalla faccia pulita che, tra gli altri, mi sfilavano accanto.
Gli scontri erano finiti da pochissimi minuti. A lui, come ad altre persone che erano passate in quello stesso punto, ho chiesto che cosa ne pensasse dei disordini, delle devastazioni, dei disastri che erano stati compiuti per le strade della città. Non ricostruisco i contenuti dell’intervista perché credo che tutti l’abbiano vista fino allo sfinimento.

È passata una settimana da allora. E dopo una settimana di silenzio qualcosa vorrei dirla su quel ragazzo: non mi piace come è stato trattato su internet questo giovane che poi ho scoperto chiamarsi Mattia Sangermano, avere 21 anni, essere figlio di genitori che lo mandano a scuola nonostante due bocciature.

Dietro agli occhi di quel 21enne ci sono  anche un padre ex operaio e una madre casalinga che gli vogliono bene e che sperano – magari con lo studio – che presto maturi. Al di là di ciò che ha detto Mattia al mio microfono, che non condivido, al di là di ciò che ha fatto, che non possiamo certo noi stabilire con certezza, su internet abbiamo assistito al massacro di un giovane: gente che insulta questo ragazzo colpevole, al massimo, di essere poco o tanto immaturo. Peggio: gente che lo deride, come se le cazzate – magari non catturate dal megafono della tv e poi rese globali da social e Internet – non le avessimo fatte anche noi alla sua età. Io, almeno, le ho fatte, bocciatura compresa. Gli altri non so.

Io quel giorno volevo solo fare un’intervista e rivendico il contenuto di quella conversazione. Farei a Mattia le stesse identiche domande. Perché quelle risposte hanno dato il senso di ciò che è avvenuto: tanti giovani in mezzo alla strada, senza sapere il perché. Portati per mano in quel “bordello” solo dall’incoscienza e dalla voglia di distruggere, come se incendiare macchine o banche, imbrattare la città, spaccare vetrine o aggredire carabinieri e poliziotti fosse un gioco senza conseguenze. Quell’intervista ha dato il senso – ma non vorrei essere io a dirlo – del limite sottile che c’è tra una ragazzata e un reato con conseguenze gravi. In quelle strade c’erano i black bloc organizzati, criminali, consapevoli, ma anche tanta, tanta manovalanza reclutata tra ragazzini immaturi.  Studenti del liceo che, anche se non si uniscono alla devastazione,  magari osservano – come ha confessato Tia – e approvano questo modo di comportarsi e di distruggere. E, non ci sarebbe da stupirsi se, alla manifestazione successiva,  a furia di vedere, di approvare e prendendo coraggio, quelle cose le facessero anche loro.

E allora sì: se fossi stato il padre di Mattia Sangermano, una volta tornato a casa – dopo aver sentito ciò che aveva detto in tv – nel dubbio che quelle cose le avesse fatte davvero, due schiaffoni glieli avrei dati. Anche solo per aver difeso i violenti, gli imbrattatori e i “tira molotov”. Due schiaffoni, come faceva rarissimamente mio padre quando ne combinavo una e lui mi beccava. L’ultima sberla – in tutta l’adolescenza non più di cinque  – a 19 anni suonati.

Ma nessuno – nessuno! – avrebbe dovuto permettersi di offendere quel ragazzo, di denigrarlo, minacciarlo. Prendere le distanze dalle sue frasi, sì. Offenderlo e deriderlo, proprio no. Lui avrà maledetto – e starà maledicendo – il momento in cui ha deciso di rispondere alle mie domande. Dopo tutto quello che è successo, dopo il linciaggio pubblico – soprattutto social – a cui ho assistito, comincio a maledire anche io il momento in cui quelle domande a Mattia, 21 anni e tutto il diritto di avere una vita davanti, le ho fatte.

Twitter: @enricofedocci

 IL VIDEO DELL’INTERVISTA

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