“La cella liscia, storie di ordinaria ingiustizia” Libro-inchiesta di Arianna Giunti sul carcere

TORTURE E SOPRUSI. E’ POSSIBILE CHE NEI PENITENZIARI ITALIANI VENGANO CALPESTATI I DIRITTI PIU’ ELEMENTARI E LA DIGNITA’ DELLA PERSONA VENGA LASCIATA FUORI DAI CANCELLI? ALCUNE TESTIMONIANZE SEMBREREBBERO SUGGERIRE UNA SITUAZIONE SIMILE. UNA CRONISTA DI TALENTO CI GUIDA ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA CARCERARIA E CE NE INDICA CONTRADDIZIONI E ZONE GRIGIE
La copertina del libro di Arianna GiuntiQuando la sperimenta per la prima volta, Carlo ha 28 anni. Dopo il litigio con una guardia carceraria lo rinchiudono lì dentro per intere ore, nudo e al buio, costretto a dormire tra i suoi stessi escrementi. Viene pestato a sangue, deriso e umiliato. Prima di farlo uscire, gli sussurrano all’orecchio una minaccia: “Prova a raccontare quello che hai visto e ti renderemo la vita impossibile”. Una sera confida alla mamma: “Non arriverò a compiere 30 anni”. Morirà dieci giorni prima del suo compleanno.

In gergo si chiama “la cella liscia”, perché è una cella completamente vuota, senza brande né sanitari. Senza appigli fisici o mentali. Si tratta di una punizione dal sapore medievale che ancora oggi, nel terzo millennio, resiste in molti penitenziari italiani. E’ lì che vengono confinati i detenuti che sgarrano, che non obbediscono agli ordini o che – semplicemente – sono colti da crisi isteriche o depressive.

Ne parlano sottovoce i carcerati, spaventati da possibili vendette. Carlo, Marcello, Mohammed, Andrea. Alcuni di loro sono ancora in vita, altri sono morti proprio durante la loro permanenza in cella. E se ne sono occupate le Procure di diverse città d’Italia, arrivando in un caso persino alla condanna di quattro agenti della polizia penitenziaria in forza al carcere di Asti, in una sentenza storica che – senza tanti giri di parole – parla di “tortura”.

Nella foto, l’autrice del libro Arianna Giunti

Ora, per la prima volta, lo racconta anche un ebook, “La cella liscia – storie di ordinaria ingiustizia nelle carceri italiane” (edito da Informant  http://inform-ant.com/it/ebook/la-cella-liscia.-storie-di-ordinaria-ingiustizia-nelle-carceri-italiane) dove Arianna Giunti, giornalista d’inchiesta per il gruppo l’Espresso, documenta quotidiani abusi di potere nelle carceri italiane attraverso fatti noti e testimonianze inedite, restituendo al lettore un mondo dove i diritti umani vengono sistematicamente violati in spregio all’articolo 27 della nostra Costituzione, che prevede per il carcere un scopo molto più alto e nobile di quello punitivo: la rieducazione del detenuto.

Nell’ebook la cronista affronta inoltre alcune fra le tematiche meno conosciute e più drammatiche del pianeta carcere: la malasanità dietro le mura dei penitenziari, gli “uomini ombra” e la condanna perpetua dell’ergastolo ostativo e infine il difficile reinserimento sociale degli ex detenuti, marchiati a fuoco da un peccato originale.

Storie di uomini che hanno sbagliato, che hanno scontato la propria pena, ma ai quali viene negato anche il più sacro dei diritti: la possibilità di riscatto.

7 risposte a ““La cella liscia, storie di ordinaria ingiustizia” Libro-inchiesta di Arianna Giunti sul carcere

  1. Non entro volutamente su quanto denunciato nel libro perché conosco bene la situazione carceraria.
    Mi sono chiesto invece spesso quanti di questi detenuti sono stati condannati senza aver compiuto alcun reato.
    L’organizzazione delle forze di Polizia e quindi anche delle guardie carcerarie è la stessa del periodo fascista.
    Mentre per i Giudici esiste un organo di autogoverno, il Consiglio Superiore della Magistratura, le forze di Polizia possono agire liberamente e non sono soggette ad alcun controllo.
    Per garantire alle persone che vengono fermate una corretta gestione della loro situazione è necessario che venga costituito un organo di controllo esterno all’istituzione che verifichi l’operatività delle forze di Polizia.
    Ciò garantirebbe la legalità ed eviterebbe le torture che spesso vengono denunciate sia nelle caserme che nelle carceri.

  2. Leggere di simili atteggiamenti messi in atto da chi dovrebbe vigilare sulla sicurezza dei detenuti mette i brividi. Poi pero’ penso a quanti diritti alcuni detenuti hanno violato a danno delle vittime: donne, bambini violentati, uccisi. Vecchiette picchiate in casa propria e a volte morte per questo. Pedoni inermi uccisi per mano di irresponsabili drogati fatti o ubriachi marci….E allora mi chiedo se ogni tanto far provare loro un po’ dello stesso dolore inflitto a chi non avrà più occasione di redenzione e/o di far falere i propri diritti nelle apposite sedi non sia cosa giusta. Ridona equilibrio a situazioni squilibrate cui la giustizia non pone rimedio con pene certe, eque, giuste.

  3. I criminali devono essere messi in grado di non nuocere alla società. Ma mai, dico mai sottoposti a torture o soprusi. lo stato con i suoi strumenti giuridici dovrebbe impedire soprusi e sopraffazioni sia tra detenuti che da parte delle forze di polizia e carcerarie. Si parla di riforme. Si facciano e al più presto. Un nota di costume: la intervistatrice si espone con cattivo gusto nel drammatico libro delle galere.

  4. Se una persona si comporta bene non va in carcere, chi sta in celle piccole o grandi giusto che marciscono non sono come Maria GORETTI,poi una bella fetta di detenuti somno immigrati (schifezze) fateglielo sapere a questa pseudonima scrittrice Arianna GIUNTI,provi ad andare negli Stati Uniti D’America a vedere come stanno

  5. Molto spesso ci si nasconde dietro la scusa del pregiudizio nei confronti dei carcerati. Volutamente giriamo la testa o chiudiamo gli occhi davanti ai diritti calpestati mettendo a tacere la nostra coscienza con la convinzione della giusta pena. Ringrazio chi, come Arianna, ha dato voce a queste persone…tutti devono sapere e conoscere certe situazioni e condizioni: non c’è cosa più sbagliata che pensare: “A me non toccherà mai!”.

  6. Cmq per chi è al di fuori della realtà penitenziaria non potrà mai avere la giusta concezione. Onore a chi opera all’ interno degli istituti penitenziari e vorrei ricordarvi che le guardie carcerarie non esistono!si chiamano AGENTI DI POLIZIA PENITENZIARIA.

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